Ora siamo in Francia
negli anni ’60 circa. Immaginiamo che un ladro rapini una banca della nostra
città. Una bamca vicina a dove ci troviamo noi in questo momento, e immaginiamo
che sale nella nostra auto e ci dice di andare avanti con una pistola putata al
capo. Non so voi ma io, non essendo Bluce Lee, sarei andato avanti come avrebbe
detto lui. Vedendo una cosa del genere in un film, quindi vedendo che il
malvivente punti la pistola a un altro, noi penseremo “ora lo ammazza” oppure
“prendigli la pistola e sbattigli la testa nell’airbag”. Ecco, per questo
genere di cose è ancora troppo presto
per il cinema degli anni ’60 però il contatto con il malvivente ce lo abbiamo e
come. Anzi ce lo abbiamo come se fosse un amico, un grande amico. Jean-Luc
Godard, o meglio noto solamente come Godard il regista francese, ci fa vedere
la scena del protagonista al contatto con il pubblico, proprio come
un’oggettiva, e no come una soggettiva. Una soggettiva sarebbe vedere la scena
del film con gli occhi del personaggio del film, mentre un’oggettiva sarebbe
vedere la scena con i propri occhi dello spettatore. Il film narra tutta la
giornata di questo tizio, con una vita un po’ spericolata e che spiega alcune
cose del film rivolgendosi proprio al pubblico,
proprio come se il pubblico fosse dentro il film, e tutto questo il
protagonista lo svolge per fa capire il significato della scena ripresa in quel
momento. Il film finisce con la morte di questa persona, che tenta fino
all’ultimo di scappare ma non ci riesce per i colpi di pistola ricevuti,
rimanendo lì fermo, “fino all’ultimo respiro”.
Una scena del film "Fino all'ultimo respiro" |
La Nouvelle Vague è un movimento
cinematografico francese nato sul finire degli anni '50, e ha portato
scompiglio nel cinema francese proprio come il Neorelismo ha fatto con
l’italia. I film francesi sono sempre stati freddi ma belli. Truffaut è un altro
regista che ha assegnato un altro capolavoro diverso da questo, un film forse
al dir più che espressionista, e so già che voi abbiate capito di che film sto
parlando, e bensì “i quattrocento colpi”.
Il piccolo Antoine (Jean-Pirre Léaud) mentre scappa verso la spiaggia |
Una cosa che accomuna i due film sono
le giornate trascosse, quel poco di musica di sottofondo e come il povero
bambino incompreso compie le azioni. Come che qualcuno lo stesse spiando fino
all’ultimo, terminando con una scena che va a scalre in un anti climax per il
primissimo piano. Come se il protagonista si accorgesse della nostra presenza.
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