giovedì 22 ottobre 2015

“Un film che toglie il fiato proprio alla fine”

Ora siamo in Francia negli anni ’60 circa. Immaginiamo che un ladro rapini una banca della nostra città. Una bamca vicina a dove ci troviamo noi in questo momento, e immaginiamo che sale nella nostra auto e ci dice di andare avanti con una pistola putata al capo. Non so voi ma io, non essendo Bluce Lee, sarei andato avanti come avrebbe detto lui. Vedendo una cosa del genere in un film, quindi vedendo che il malvivente punti la pistola a un altro, noi penseremo “ora lo ammazza” oppure “prendigli la pistola e sbattigli la testa nell’airbag”. Ecco, per questo genere di cose  è ancora troppo presto per il cinema degli anni ’60 però il contatto con il malvivente ce lo abbiamo e come. Anzi ce lo abbiamo come se fosse un amico, un grande amico. Jean-Luc Godard, o meglio noto solamente come Godard il regista francese, ci fa vedere la scena del protagonista al contatto con il pubblico, proprio come un’oggettiva, e no come una soggettiva. Una soggettiva sarebbe vedere la scena del film con gli occhi del personaggio del film, mentre un’oggettiva sarebbe vedere la scena con i propri occhi dello spettatore. Il film narra tutta la giornata di questo tizio, con una vita un po’ spericolata e che spiega alcune cose del film rivolgendosi proprio al pubblico,  proprio come se il pubblico fosse dentro il film, e tutto questo il protagonista lo svolge per fa capire il significato della scena ripresa in quel momento. Il film finisce con la morte di questa persona, che tenta fino all’ultimo di scappare ma non ci riesce per i colpi di pistola ricevuti, rimanendo lì fermo, “fino all’ultimo respiro”. 
Una scena del film "Fino all'ultimo respiro"
La Nouvelle Vague è un movimento cinematografico francese nato sul finire degli anni '50, e ha portato scompiglio nel cinema francese proprio come il Neorelismo ha fatto con l’italia. I film francesi sono sempre stati freddi ma belli. Truffaut è un altro regista che ha assegnato un altro capolavoro diverso da questo, un film forse al dir più che espressionista, e so già che voi abbiate capito di che film sto parlando, e bensì “i quattrocento colpi”. 
Il piccolo Antoine (Jean-Pirre Léaud) mentre scappa verso la spiaggia
Una cosa che accomuna i due film sono le giornate trascosse, quel poco di musica di sottofondo e come il povero bambino incompreso compie le azioni. Come che qualcuno lo stesse spiando fino all’ultimo, terminando con una scena che va a scalre in un anti climax per il primissimo piano. Come se il protagonista si accorgesse della nostra presenza.

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